I Pascoli del cielo: la California di John Steinbeck

Il realismo epico in un libro che coincide con l’America della Grande Depressione. Come in una pellicola cult.

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Bcon l’inquietudine di Jack Kerouac. Ma l’alternativa alla “beat generation”, col sapore della polvere, del viaggio, delle terra e della vita, c’è. Si chiama John Steinbeck, il libro è I Pascoli del cielo.

I Pascoli del cielo: il racconto di una California che non esiste più ma che invoglia a viaggiare e a riflettere. Solo per il fatto di vedere cosa oggi la California è diventata e come gli scrittori del tempo se la sono immaginata. Steinbeck è il maggior rappresentante dell’America della Grande Depressione.

Le sue parole sono icone, fotografie emotive di ciò che fu l’America di quegli anni, avvolta da un “Furore”, altro libro cult, che significa desiderio di riscatto di fronte alla vita e davanti a un futuro che pone la sua sfida.

I Pascoli del cielo, titolo altamente “imaginifico”, esce nel 1932 con la traduzione di Elio Vittorini. È un periodo particolarmente duro per gli Stati Uniti che affrontano la crisi seguita al crack del 1929. Amore, dramma, gli enigmi della natura umana, tematiche che raggiungeranno la massima espressione nel romanzo “La Valle dell’Eden”, si intrecciano ne I Pascoli del cielo.

Steinbeck conduce i lettori nell’America delle colonie spagnole. Siamo in California, in una terra attraversata da avventurieri e da preti missionari in fibrillazione nel tentativo di portare il “Verbo” ai nativi.

Il realismo epico della bella prosa di Steinbeck è intrisa di un’ironia che spesso sfiora si trasforma in sarcasmo. Uno sguardo penetrante nelle piccolezze ma anche nella grandezza umana, in un mondo dove nessuno è mai banale.

Una critica aspra nei confronti dei soprusi e delle prevaricazioni sociali, sempre con attenzione e empatia verso i più deboli. In questo, l’America non è cambiata. Steinbeck ha sempre guardato alla povera gente con dolcezza. In questa narrazione ci porta a un messaggio: quanto la condizione di povertà sia vissuta con vergogna tanto da spingere un uomo a fare castelli in aria, ad immaginare inesistenti ricchezze, che sfumano appena si è costretti a misurarsi con la realtà.

Ed è una fortuna poter uscire dal rifugio di un sogno, dai limiti dell’illusione, perché l’uomo può sperare di uscire dalla propria condizione solo prendendo atto della realtà. Ecco perché si parla di realismo epico o forse ancora di più eroico.

In questo testo, tutto scorre come in una pellicola. Troviamo dodici capitoli, dodici storie che sintetizzano la natura umana col proprio carico di contraddizioni, bisogni d’affetto, desideri di una vita “degna”.

Steinbeck descrive le valli della California centrale anticipando certe scene di film western che ancora ci riportano alla bellezza di un mondo che non esiste più. Quel mondo dove una vita valeva il viaggio. Magari solo per “vedere la frontiera prima che scompaia”, come ricorda prima di partire e ritrovare se stesso il tenente John Dunbar sul film Balla coi lupi.

“I campi si stendevano a grandi scacchi verdi e gialli: era maturo il grano, e le colline dall’altra parte avevano un colore scuro che sfumava nell’azzurrognolo. […] Una brezza soffiava su dalla valle, a intermittenze, leggera come il sospiro di un dormiente.

Una lunga valle si stendeva entro un anello di colline che la proteggevano dalla nebbia e dai venti. Disseminata di querce, era coperta di verde pastura e formicolava di cervi. Al cospetto di tanta bellezza il caporale si sentì commosso…”Madre di Dio!” mormorò. “Questi sono i verdi pascoli del Cielo ai quali il Signore ci conduce!”.

La vallata della California Centrale è il palcoscenico de I pascoli del cielo, una sorta di paradiso terrestre che rapppresenta la possibilità di una vita migliore per chiunque. Anche con le illusioni che ne derivano. Ma è una possibilità. Una valle verdeggiante e pacifica della California in cui ognuno vorrebbe ritrovarsi per poter vivere serenamente con i propri affetti e ritrovarsi in mezzo al verde e alla pace.

Penserei a tutte le cose che mi sono accadute e forse riuscirei a trarne fuori un significato. Nessuno, qui, mi seccherebbe. Nessuno mi romperebbe l’anima. Potrei pensare”.

Il libro di Steinbeck ci porta anche un’idea di percorso. Il giro delle ex colonie missionarie, le cosiddette “Spanish Missions” dell’Alta California. Un buon modo per recuperare un senso della storia di una nazione, la California, ancora intrisa di evocazioni. Come l’America in tutte le sue vive contraddizioni.

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MUNIMENTUM

“Le corse in moto e il fastidio della modernità, il gusto della solitudine e il perdersi nella massa, l’ansia d’assoluto e il minuto mantenimento del presente, uomo del suo tempo eppure nato fuori tempo, asceta ed esteta”.